Il suicidio è una morte dignitosa?

Oggi è entrata in vigore nello Stato di Washington “Iniziative 1000” la legge che permette ai pazienti terminali maggiorenni, residenti nello Stato, cui restano meno di 6 mesi di vita, di chiedere ai loro medici assistenza a morire, attraverso una prescrizione di farmaci in dosaggio letale. Dopo l'Oregon, è il secondo Stato americano a mettere in atto la legge.

Chi intenderà ricorrere al suicidio assistito dovrà esprimere due richieste verbali, a quindici giorni di distanza l'una dall'altra, confermate poi da una richiesta scritta con due testimoni, uno dei quali non deve avere alcuna relazione con il malato.

La legge prevede anche l'istituzione di un registro annuale di suicidi e regola l'obiezione di coscienza di medici e ospedali, che per ragioni etiche possono rifiutarsi di effettuare tale pratica.

Il suicidio assistito è l’atto mediante il quale il malato si procura una rapida morte grazie all’assistenza del medico: questi prescrive i farmaci necessari al suicidio (barbiturici o altri forti sedativi) su esplicita richiesta del paziente e lo consiglia riguardo alle modalità di assunzione.

A tal proposito è molto singolare la situazione della Svizzera. In questo paese l’eutanasia è illegale. Tuttavia non è considerato un reato assistere un suicida, anche attivamente, a togliersi la vita. L’unica discriminante è che chi assiste non lo faccia per motivi egoistici, cioè non lo faccia per trarne un vantaggio.

Ma ritorniamo al caso specifico. Per i vescovi dello Stato di Washington la legge rappresenta una minaccia “soprattutto per le persone vulnerabili, che sono a rischio di emarginazione a causa della concezione individualista e utilitarista della vita”, principalmente “le persone anziane, coloro che non hanno un'assistenza medica adeguata, gli handicappati e quanti non hanno un sostegno familiare”.

Aggiungono: “Trasformare il suicidio in un'opzione medica che può esercitarsi senza consultare la famiglia e gli amici altera radicalmente il rapporto medico-paziente”, e “può mettere la decisione sulla vita e la morte in mano alle compagnie di assicurazioni, che potrebbero essere motivate solo dal guadagno e non dall'interesse del paziente”.

Il suicidio di per sé resta un atto contro natura, perché ogni essere vivente invece è portato naturalmente a difendere la propria vita. Il suicidio da una parte risulta una scelta difficile, l’atto estremo della disperazione, la perdita di ogni speranza. Altre volte invece è la via più facile per sfuggire ai problemi che non si ha il coraggio di affrontare, è un atto di viltà di chi ha paura della vita, dei problemi, delle sofferenze.

Certo è che non si può però giudicare una persona che arriva ad odiare così tanto la propria vita, perché non si possono comprendere i suoi pensieri.

La vita però come sappiamo è fatta di gioie e dolori non si può pensare di vivere fintanto che si è felici,sani e poi voler morire non appena si soffre se pur tantissimo. Bisognerebbe provare a fronteggiare i problemi e il dolore coraggiosamente fino alla fine.

E’ chiaro che il significato del suicidio cambia a seconda del valore che si da alla vita ma dentro di noi ognuno sa che la società si sta incamminando su un pendio scivoloso, al termine del quale si accetterà di sopprimere legalmente anziani, disabili, emarginati.

E’ giusto? No!! Ma lo diventerà. Perché tutto sta diventando normale e non ci si meraviglierà più di nulla.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Terry, a me fa paura il dolore, mio e dei miei cari, e, forse sbagliando, sospengo il giudizio sul gesto del singolo. Bisognerebbe essere troppo profondamente dentro una vicenda per - se ha senso - giudicarla. Quello che non convidido affatto, anzi mi preoccupa profondamente, è che la legge, o i tribunali, entrano in questi aspetti. Quando è così, concordo con te che il capolinea può essere di qualsiasi tipo. Soprattutto in America dove la sofferenza può non essere inevitabile, ma solo la conseguenza di povertà e mancanza d'aiuto. Che delle persone vengano uccise, o si facciano uccidere, solo per la disperazione della solitudine o dell'impossibilità di pagarsi le cure è semplicemente mostruoso. E'triste che la società e la comunità medica - non so però se i medici si sono pronunciati altrimenti - preferiscano macchiarsi le mani di sangue piuttosto che farsi carico di povertà e solitudine (d'altra parte la guerra anche italiana contro il giuramente di Ippocrate la conosciamo). Ciao e grazie del post
S&P

terry ha detto...

Ciao sudorepioggia, hai ragione il dolore è qualcosa di cui abbiamo paura e tutti vorremmo evitare. E quando ci troviamo davanti a realtà di fine vita il rispetto è d'obbligo. Quando però come dici tu, è un Tribunale a pronunciarsi come è successo da noi o come per la legge dell'Oregon (la Corte suprema dichiarò la legge sul suicidio assistito legittima)siamo di fronte ad un indebolimento della cultura della vita. Il passo tra il diritto di morire e il dovere di morire è molto breve.
A me fa paura che una legge ammetta l'uccisione come "trattamento medico", si alterano tutte le leggi morali di una società. E comunque non è da prendere sotto gamba il discorso economico; ne cito solo uno, cioè quelle delle assicurazioni. Quasi sicuramente questa legge porterà a creare incentivi economici alle compagnie di assicurazione per incoraggiare coloro che hanno bisogno di trattamenti a lungo termine, a togliersi la vita prematuramente. E' tragico solo a pensarci. Per non parlare appunto degli anziani e delle fasce più povere. Si parla tanto di cure palliative ma purtroppo si fa ancora troppo poco.
Grazie per il tuo contributo:-)
ciao

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