L'accanimento e l'abbandono terapeutico

Quando si parla di accanimento terapeutico, ci si riferisce all'insistenza nel ricorso a presidi medico-chirurgici che non solo non migliorano in modo significativo la condizione del malato, ma addirittura ne peggiorano la qualità di vita o ne prolungano, senza speranza di guarigione, l'esitenza penosa.

Gli elementi chiave di questa definizione sono l'insistenza, l'inutilità, e la gravosità.

Rifiutare l'accanimeto diventa a questo punto non solo legittimo, ma anzi doveroso, come segno di estrema responsabilità e rispetto verso la vita umana.

C'è una fase della malattia nella quale non ha più senso, per esempio, insistere con estenuanti e ormai inutili terapie antiblastiche, gravate oltre tutto di insopportabili effetti collaterali, o sottoporre il paziente a esami clinici indaginosi o ad interventi chirurgici che servono solo a rendere più dolorosi gli ultimi giorni della vita.

Chi rifiuta l'accanimento terapeutico non facilita nè affretta la morte della persona, ma semplicemente accetta i limiti della vita umana. Obbligo morale del medico è quello di conservare la salute e la vita, non quello di prolungare l'agonia.

C'è un momento a partire dal quale alcuni interventi terapeutici devono essere interrotti perché ormai non influiscono in nessun modo sul decorso della malattia e anzi recano danno o molestia al malato, configurando un vero e proprio accanimento terapeutico.

Ma, se cessano le cure specifiche, resta sempre l'obbligo invece di proseguire con le cure ordinarie e le cure palliative o sintomatiche: l'alimentazione, magari ricorrendo, finché è ben tollerato dal malato, all'alimentazione artificiale (sia enterale con sondino naso-gastrico , sia parenterale)*, le cure igieniche, la detersione delle ferite e delle piaghe, la terapia antalgica, l'eventuale terapia sedativa, che mantenga per quanto possbile lucidità al malato, e soprattutto solidarietà, attenzione e rispetto.

Una medicina umana deve saper tener per mano chi se ne va, accettando di curare senza guarire e coprendo con un pallium, un mantello misericordioso la devastazione del male e della paura e ricordando che quando tecnicamente "non c'è più niente da fare", umanamente c'è spesso ancora molto che si può fare.

*Alimentazione artificiale: "se la sua sospenzione comporta il morire d'inedia, allora si configura un quadro evidente di eutanasia; se la sua somministrazione è irrilevante ai fini di una morte sulla quale non influisce significativamete, anzi arreca ulteriori sofferenze al paziente, allora il persistere in essa potrebbe costituire un inutile accanimento terapeutico; se infine, come il più delle volte accade, viene somministrata ad un paziente comatoso o in stato vegetativo persistente o in fase terminale essa va ritenuta una cura ordinaria da sospendere solo in prossimità della morte naturale" Leone S., Alimentazione artificiale. Cfr: PONT. ACCADEMIA DELLE SCIENZE, Prolungamento artificiale della vita, Città del Vaticano 1987; VESCOVI CATTOLICI DI PENNSYLVANIA, Nutrizione e idratazione. Considerazioni morali, 2-12-1991, in "Medicina e morale" 42 (1992)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Una distinzione utile e importante.
Grazie
S&P

terry ha detto...

Grazie S&D,
vista la confusione in giro mi sembrava doveroso farlo.
Un abbraccio

Fiducia34 ha detto...

Molto chiaro il tuo post. Per esperienza personale, purtroppo abbiamo in famiglia affrontato decessi di cugini miei affeti di cancro. Tutti noi, abbiamo fino a l'ultimo e a turno, sostenuti moralmente ogniuno di loro fino alla fine e la differenza sta in questo; ogni giorno arrivare a l'ospedale con uno spirito positivo,o apena fuori, a vivere nella gioia, con la forza della vita e l'amore. Per chi aveva figli, a turno ci occupavamo di loro, per ragioni obvie. Mai abbiamo abassato la speranza della loro guarigione e trasmesso forza e coraggio fino alla fine e abbiamo con il loro consenso provato ogni terapia.
Sono di Ginevra.
Fabia

terry ha detto...

Fabia ti ringrazio anche di questa testimonianza. Mi sono commossa.
Questo è lo spirito giusto, questo diritto alle cure e all'amore dovrebbero vivere tutti i malati terminali. Molto spesso invece, nel momento in cui si scopre che non si può guarire, viene meno anche il diritto di riceve cure dignitose e il malato e la famiglia vengono completamente abbandonate a se stesse.
L'Italia e non solo, devono investire moltissimo, non solo nella ricerca ma anche nelle cure palliative. Perché come la vita, anche gli ultimi momenti, settimane, mesi, prima di morire sono fondamentali per l'essere umano. E' il momento in cui l'uomo fa pace con se stesso, con gli altri , con la malattia.
Non può essere lasciato solo, non può non vivere quell'attenzione, quell'amore che sono l'esigenza principale per un trapasso sereno.
Un abbraccio

Fiducia34 ha detto...

Cara Terry,
Ho sempre tenuto dentro di me un principio fondamentale tutti quanti hanno diritto ad essere tratati da esseri umani. Mi sono sempre comportata con rispeto ed espresso quando conoscevo, amore a
qualunque persona. La mia esperienza mi a portata a conoscere persone con l'aids,cncro,nei ospedali psichiatrici o persone con qualsiasi malatia. Semplicemente per il fatto che ho vissuto a 14 anni una infezzione sanguinea e si vedeva sulla mia pelle. Mi ricordo i sguardi da schifo e le persone cambiare sedia; ne ho pianto sul momento e poi mi sono fatta forte.Allora io ho avuto un tratamento da sempre diverso e a costo di essere additata a volte da chi sconosce le malatie e ne ha paura. Sono stata accantnata da parte di un paese per mangiare e bere con una persona zieropositiva; nemeno mi diedero la residenza er questo e afrontai quel giorno il sindaco di quel paese.
E' aberrante i tratamenti spesso guidati da paure fantasmagoriche.
Grazie a te !
Un abbraccio,
Fabia

terry ha detto...

Cara fabia,
mi dispiace che tu abbia vissuto tanto dolore, ma come dici tu questo ti ha reso più forte.
Hai ragione, spesso gli uomini si comportano male solo perché hanno paura. Le più grandi ingiustizie, ma anche le più grandi forme di razzismo, spesso sono state causate da ignoranza ed egoismo.
Quanto siamo piccoli e mediocri in certe situazioni. Non ci rendiamo conto che le persone che più hanno bisogno di noi, le teniamo a distanza. Aggiungendo sofferenza alla sofferenza.
E' molto bello quello che dici, la testimonianza che dai della tua vita, ma soprattutto il coraggio che esprimi nel denunciare tutto questo.
Sono io che ringrazio te.
Un abbraccio

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