Chiedo scusa a tutti i miei lettori, ma per il momento non mi è possibile dedicare tempo a questo blog. Un abbraccio sincero a tutti

Ru486: è stata approvata nonostante i vari dubbi e perplessità


All’indomani del via libera all’uso della Ru486 nei nostri ospedali, ad opera dell’Agenzia italiana del farmaco viene spontaneo chiedersi a chi giova tutto questo??!!

Il bollettino medico che l’accompagna è tutt’altro che rassicurante. Perché alle già tante perplessità etiche si sommano quelle sanitarie, riconosciute dagli stessi produttori, (29 decessi di donne che l’hanno usata).

Con quanta faccia tosta e con la coscienza apposto, molti possono affermare che l’aborto chimico è semplice e leggero, come spesso viene propagandato. I vari e numerosi dossier delle autorità sanitarie internazionali parlano di emorragie, infezioni, forti dolori e di una mortalità della donna dieci volte maggiore dell'aborto chirurgico ( Ho già affrontato l’argomento diverse volte su questo blog).

Gli specialisti poi, affermano che a livello psicologico l’elaborazione del lutto, dopo l’assunzione della Ru486, è più pesante che negli altri casi. Perché? Semplice: con l’aborto chirurgico, infatti, è il medico ad effettuare l’interruzione della gravidanza, in quello chimico è la stessa madre che somministra al bambino la dose letale. E ne è ben cosciente. Senza considerare che la legge 194 non prevede l’aborto “fai da te”.

Questa pillola lungi dall’aiutare la donna a compiere una scelta di vita, rischia di ricacciarla in quella solitudine e sofferenza che pure si dice di voler combattere.

Però così come dicono molti si esce dall’oscurantismo che la Chiesa impone all’Italia e si diventa veri membri della società civile. Se questa è la civiltà preferisco essere una dei tanti oscurantisti che lottano ancora per la difesa della vita, soprattutto di quella di chi non ha voce per difendersi.

GRAN BRETAGNA/ L’ultima follia faustiana: uccidere un embrione per crearne un altro


IlSussidiario

La notizia è di quelle che ormai non stupiscono più chi ha l’avventura di occuparsi di questioni di bioetica.
Si tratta degli spermatozoi in provetta, battezzati “in vitro derived sperm (IVD)”, l’ultima novità giunta dal Regno Unito.
Un gruppo di ricercatori dell'università di Newcastle ha, infatti, annunciato di essere riuscito a creare, per la prima volta, spermatozoi umani in laboratorio a partire da cellule staminali di embrioni donati da coppie che si sono sottoposte a fecondazione assistita.

L’esperimento, condotto presso il North East England Stem Cell Institute attraverso la distruzione di embrioni umani, ha subito suscitato l’euforia delle organizzazioni lesbiche, le prime ad esultare per la possibilità di generare esseri umani senza maschi e senza padri.
In realtà quest’ultima scoperta rappresenta soltanto l’ultima frontiera della decenza etica nella ricerca scientifica: la creazione di entità biologiche umane in laboratorio, bambini generati da persone mai nate, senza memoria, senza tradizione, senza appartenenza e senza storia.

Come sempre, a simili aberrazioni vengono attribuiti gli intenti più nobili.
Il prof. Karim Nayernia, che dirige il gruppo dei ricercatori, ha definito l’esperimento come "un importante risultato che consentirà agli scienziati di acquisire una maggiore conoscenza del procedimento di formazione degli spermatozoi" ed una "maggiore comprensione delle cause di infertilità fra gli uomini".
Sarah Norcross, direttrice del Progress Educational Trust, è più esplicita e parla di una scoperta capace "di dare speranza ai maschi che soffrono di infertilità e che desiderano figli del loro stesso patrimonio genetico", e "di superare il problema della scarsità di donatori di sperma nel Regno Unito".

La domanda che pone questo ulteriore “progresso” scientifico è drammatica e semplice al tempo stesso. Che senso ha distruggere un embrione per ottenere sperma artificiale al fine di generare un altro embrione? Nessuno, nessunissimo fine se non quello di reiterare l’eterna tentazione faustiana dell’uomo: generare la vita. Si arriverà un giorno a creare in laboratorio un essere umano creato con spermatozoi sintetici e ovociti artificiali? Sarebbe la realizzazione del sogno di Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto Paracelso. Fu proprio l’alchimista rinascimentale svizzero il primo a tentare la creazione in laboratorio dell’homunculus, attraverso l’utilizzo di sperma umano imputridito per quaranta giorni in una provetta al calore del ventre equino.

È l’eterna tentazione dell’uomo che attraversa culture, secoli, latitudini. Come il Golem dell’antichissima tradizione mitologica ebraica, che incarna proprio il mito dell'uomo artificiale creato da un altro uomo, come atto di sfida a Dio, tentativo disperato di impossessarsi della sua forza creatrice.
Non è un caso che il termine Golem derivi dalla parola ebraica gelem che significa “materia grezza”, o “embrione”. Sinistre premonizioni.

(Gianfranco Amato - Presidente dell'Associazione Scienza e Vita di Grosseto)

Torno presto

Chiedo scusa per il silenzio di questi giorni.
La mia mamma è in ospedale per alcuni controlli e io non ho tempo e modo di utlizzare internet.
Tornerò presto.

Trapianti: la giusta informazione


In questi ultimi giorni ho avuto modo di confrontarmi con una tematica apparentemente chiara, assodata e pacifica: quella dei trapianti di organi. Premetto che non sono contraria alla donazione, devo rilevare però che esiste una grande disinformazione al riguardo. Per certe decisioni di così vitale importanza, tutti dovrebbero essere coinvolti ed essere informati in modo da avere una capacità di giudizio. Questo in Italia non c’è, né tantomeno c’è stato nel periodo di promulgazione della Legge 91/99 ( dissenso – assenso della Rosy Bindi).

La cosa, invece, era ed è ancora tutta nelle mani della politica, della chirurgia, delle aziende farmaceutiche e nel mondo secolarizzato come quello attuale, il bene comune e la morale spesse volte sono mascherate dietro ben altre finalità.

Ad esempio: l'informazione non dice che il corpo del donatore (con il consenso carpito ai familiari in pochi minuti) una volta dichiarato morto, in base al criterio della morte cerebrale, sarà mantenuto artificialmente in vita per essere utilizzato come una banca di organi da trapiantare all'occorrenza. Quali enormi vantaggi per la lobby medica,
d'altra parte la definizione di morte se l'erano costruita loro proprio a questo scopo, individuando nella morte cerebrale il confine dove termina la vita.(Cliccate per saperne di più)

Ma si è davvero sicuri di conoscere la precisa linea di demarcazione tra la vita e la morte? Di quel cervello di cui se ne conosce il funzionamento per il solo 1%? Possiamo veramente ritenere morto chi ancora respira, pulsa, funziona organicamente? Se fosse così dovremmo ritenere che la vita di un uomo si identifichi tutta con la sua testa e che il suo corpo sia per lui qualcosa di estrinseco. Ma un essere umano non è soltanto ciò che pensa, esso è anche inscindibilmente il suo proprio corpo.

Per questo finché il corpo è in coma e ancora respira deve essere considerato come il residuo permanente di quel soggetto la cui vita sta per andarsene, ma non se n'è ancora andata del tutto: tali momenti dovrebbero essere circondati dalla pietà, non dallo sfruttamento del corpo. Il rispetto per ciò che quella persona era impone ora di non trattarlo strumentalmente riducendo il suo corpo a una cosa. Esso
non è un insieme di pezzi di ricambio.

Se non c'è più niente da fare si dovrebbe evitare qualsiasi accanimento, attendere che la natura faccia il suo corso e solo successivamente, con un consenso magari un po' meno frettoloso, procedere all'espianto degli organi. Certo, le condizioni non sarebbero più ottimali, i vantaggi più limitati, ma è la tecnica che dev'essere subordinata all'etica e non viceversa.

Leggendo poi qua e là ho scoperto che per il solo espianto di un organo vengono coinvolte circa duecento persone e che il costo totale dell’intervento si aggira anche intorno a un milione di euro (considerando risorse umane e macchinari). Non vi sorge il dubbio che la lobby dei trapianti spinga un pochino, verso questo costosissimo intervento, e lo fa anche quando si potrebbe evitarlo (tanti sono i casi di trapianti non necessari)? In passato e anche oggi.

Concludo riprendendo la parte iniziale di questo post, affermando il mio essere a favore dei trapianti di organi, necessari per salvare altre vite, mi chiedo solo quanto tutto questo venga fatto in modo etico e senza abusi.

Il delirio dei pro-choice. L'aborto come prodotto da vendere


L’altro giorno leggevo (come molti di voi sicuramente) della presa di posizione della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles contraria a una proposta che permetterebbe di pubblicizzare l'aborto e i contraccettivi sui media.
Nella dichiarazione, i vescovi affermano di non credere che “i servizi che offrono o si riferiscono all'aborto dovrebbero avere il permesso di fare pubblicità sui media”.

L'aborto non è una medicina, né un prodotto. Presentarlo come una di queste cose erode il rispetto per la vita ed è altamente fuorviante e dannoso per le donne, che possono sentirsi spinte a prendere una decisione rapida che non potrà mai essere revocata”.
I Vescovi aggiungono che “permettere la pubblicità sui servizi abortivi contribuirebbe a un'ulteriore 'normalizzazione' dell'aborto e alla sua assimilazione a un servizio”.

Alla fine della lettura mi sono detta: il momento è arrivato. L’ABORTO è diventato un prodotto da vendere, da consumare. Non esprimo i sentimenti provati nel leggere questo articolo perché insieme alla tristezza e al vuoto ho provato anche sentimenti non del tutto cristiani.

Poi riflettendo mi sono detta: perché stupirsi? I promotori pro-choice hanno pianificato tutto da tempo. Nulla è lasciato al caso, come il piano inclinato. Mettete un pallina sul piano inclinato prima scende piano piano poi la sua velocità e la sua corsa diventano inarrestabili. Oppure aprite una fessura in una diga, prima o poi si aprirà una voragine.

Non è successo questo con la 194? Doveva essere l’extrema ratio non certo la prima soluzione. Era lecito abortire solo dopo un lungo iter, consultori, ostacoli da rimuovere ecc. Invece mai applicata, basta andare da un semplice medico o Asl e il giochino di uccidere una vita è fatto. L’aborto da ultima soluzione è diventata quella privilegiata. Per non parlare dell’ultima uscita del ministro spagnolo che ha paragonato l’aborto ad un intervento di chirurgia estetica.

Hanno incominciato col chiedere poco per avere molto. Hanno usato i termini giusti. Perché uccisione del feto o di un bambino era troppo scioccante, meglio usare interruzione volontaria della gravidanza. Che artisti non c’è che dire.

Il problema è che questi signori hanno fatto della menzogna il loro pane quotidiano. Avete presente le loro solite filastrocche? L’Italia è all’ultimo posto per la ricerca sugli embrioni, l’Italia è all’ultimo posto nell’accesso delle tecniche di fecondazione, l’Italia è un paese oscurantista, e blà blà blà.

Ma sì vendiamolo bene questo prodotto. Continuate a far credere alle persone che se non vogliono il bambino concepito non resta che abortire.

Io però non ci sto. Non ci sto perché comunque c’è sempre un’alternativa, anche quando si è sicuri di non volerlo quel bambino. Un’alternativa che chiede sicuramente coraggio.

Quella di portare a termine la gravidanza, per poi affidare il bambino ad altri che lo ameranno per sempre. Coppie che non hanno potuto avere figli e non aspettano altro che poterne crescere uno amandolo come se fosse il proprio. Perché partorire e lasciare il bambino in ospedale, in completo anonimato, è previsto dalla legge, sarà poi lo Stato a tutelarlo.

Ripeto è sicuramente una scelta coraggiosa, ma è una scelta che ripaga: la fierezza di aver salvato una vita umana. Perché nel grembo di ogni donna incinta non c’è un prodotto ma un bambino che non vuole morire.


P.S.: mi scuso per l'immagine, ma a volte c'è bisogno di guardare per sapere.

RU486: come si mette in vendita un farmaco così sospetto?

Sembra che sia arrivato il momento anche per l’Italia della RU 486, la pillola abortiva che sta creando non poche polemiche. Avevo già parlato qualche post fa della Ru e dei su rischi per la salute delle donne.

Oggi il dibattito su di essa si fa acceso perchè secondo le stime dovrebbe essere commercializzata entro la fine dell'estate. A tal proposito vi propongo un interessante intervento del sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, apparso su il Giornale.it

La tanto discussa pillola abortiva, la Ru 486, sta per essere commercializzata anche in Italia, mentre i preservativi entrano nelle scuole superiori di Roma con tanto di distributori automatici. Una rivoluzione etica e culturale che coinvolge la sfera sessuale di donne e giovani. Ma il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, rifiuta le iniziative, inutili o pericolose. Tanto che sulla Ru 486 lancia la sua battaglia di trasparenza. "Quella pillola non è sicura. Ci sono state troppe morti sospette e le donne devono saperlo". Ma il ministro Ferruccio Fazio ne ha annunciato la commercializzazione entro la fine dell'estate. "Ha solo fatto una previsione sui tempi dell’Aifa, l’ente di farmacovigilanza. Non ci sono divergenze tra noi". Lei però ha sollevato un problema di sicurezza.

"La casa farmaceutica che produce la pillola ha confermato 29 morti di persone che l’hanno usata". Come si mette in vendita un farmaco così sospetto? "Me lo domando anch'io. Infatti ho chiesto un parere tecnico dall'Aifa". Ma fonti informali dicono che la Ru ormai entrerà nei circuiti di vendita: è già stato stabilito il prezzo. "Ho già chiesto all'Aifa di rendere pubblica la procedura di approvazione della pillola abortiva. Voglio la massima trasparenza, per far capire alle donne a che cosa concretamente vanno incontro quando scelgono l'aborto farmacologico".

Sente puzza di bruciato? "Trovo pesante che si proceda come se niente fosse. Inoltre, in queste statistiche di decessi non ci sono dati provenienti da Cina e India, dove la Ru è molto diffusa". Quindi, secondo lei, le morti sono di più? "Le donne quando vanno ad abortire sono molto fragili e difficilmente fanno causa se qualcosa va male, un po' per motivi psicologici, un po' per pudore. Anche i familiari sono restii a denunciare il caso se una donna muore. Inoltre si è diffusa la convinzione che abortire in questo modo sia espressione di modernità, di emancipazione".

Così si muore e i medici insabbiano? "In California sono state smascherate diverse morti sospette solo dopo che il padre di Holly Patterson, una diciottenne deceduta dopo aver usato la Ru, è riuscito a vincere la sua battaglia legale. In un altro caso, il marito di una donna morta a causa della pillola, è riuscito a provare il nesso solo dopo un'autopsia privata". Ma perché si spalleggia tanto l'aborto farmacologico? "La mia impressione è che sia un farmaco con una pesante valenza ideologica. E in Italia il suo rischio potrebbe essere valutato in modo meno obiettivo rispetto ad altri farmaci. Invece, non vanno fatte ipoteche ideologiche. Qui c'è di mezzo la salute delle donne".

Cosa ne pensa dei distributori di condom nelle scuole? "I preservativi si trovano dappertutto. Credo che non sia il modo giusto di affrontare l'emergenza educativa tra i giovani".E quale sarebbe il modo giusto? "Aiutare la famiglia a riacquistare la sua capacità educativa che si è fortemente indebolita". Non sarebbero utili i corsi di educazione sessuale nelle scuole? "Questa è una visione statalista. Non si può sostituire un rapporto di relazione e fiducia tra figli e genitori con un corso in cui si spiegano cose che i ragazzi magari già sanno. Il problema è più sottile, è l'educazione alla responsabilità, anche in campo sessuale, che va svolta all'interno della famiglia".

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