"ERO A UN PASSO DALL'ABORTO. HO SCELTO LA VITA"

Arriva alla redazione del settimanale "La Vita del Popolo" accompagnata dalla presidente del Centro aiuto alla vita di Treviso. Alta, capelli biondi, un maglione che le corre intorno al pancione di 7 mesi, il suo “caso” è il primo progetto Gemma assegnato a Treviso (un progetto analogo è avviato da tempo a Venezia dal "Cav" veneziano).

Per proteggere un po’ la sua storia sceglie un nome di fantasia, Rachele, quello che avrebbe dato alla sua creatura se fosse stata una femmina. La donna tira fuori due fogli: contengono la storia della sua scelta, una mattina di agosto dell’anno scorso. L’ha scritta di getto, anche su invito del Cav, con il quale è entrata in contatto grazie ai Servizi sociali e al Consultorio, una “rete” importante di collaborazione. E’ una confessione a cuore aperto, fatta di dolore, di emozioni, di speranza, infine anche di gioia. In vista della Giornata per la Vita che si celebra il prossimo 1° febbraio, ne pubblichiamo alcuni stralci. Da quello scritto sono passati alcuni mesi, nei quali ci sono state difficoltà, passi avanti, progetti nuovi, ma nelle parole di Rachele (e nei suoi occhi) c’è sempre speranza, attesa, e voglia di conoscere suo figlio, finalmente.

"Sono in una stanza d’ospedale assieme a due sconosciute, senza vergogna mi infilo quella specie di camice che mi ha dato l’infermiera e mi metto sotto le coperte. Ho freddo, tanto freddo, e non so se sia per l’aria condizionata o perché la notte scorsa forse mi sono voluta punire, sono stata in giro con Marta fino alle 5 del mattino e dopo un’ora di sonno sono partita per l’ospedale di Mestre. Chiudo gli occhi, voglio isolarmi da ciò che mi sta attorno, ed ecco che entra l’infermiera, ci spiega che ci deve la misurare la pressione e mettere l’ago cannula che poi servirà per l’anestesia.

Mentre l’infermiera prova a mettermi l’ago continuo a ripetermi che da quel momento ha inizio la fine della mia disperazione, mi dico: “Bene Rachele, tra un po’ vai in sala operatoria, ti addormenti e al tuo risveglio dai un calcio a tutto il passato, cambi amicizie, possibilmente lavoro, ti rinnovi come donna, inizi ad amarti”, ma qualcosa non va. L’infermiera non riesce a mettere l’ago, mi dice che ci proverà più tardi l’anestesista, esce dalla stanza e la mia lucida disperazione riprende più forte e viva di prima.

Prendo il telefono in mano per mandare un messaggio alla mia amica che è stata cacciata in una sala d’attesa e, sorpresa, vedo lampeggiare una busta con il nome del “papà” (solo biologico) di quell’esserino che da più di 2 mesi sta crescendo in me. Leggo il suo messaggio: “Lasciando perdere le discussioni, ieri avrei voluto veramente darti un abbraccio sincero. Spero che ora non sia troppo tardi”. Rispondo velocemente “Mi sa che è troppo tardi” e senza neanche rendermene conto mi ritrovo seduta con le gambe incrociate a dondolare e piangere. Cerco di smettere, non voglio mostrare la mia fragilità, non l’ho mai fatto, ma non ce la faccio.

Una mia compagna di stanza si preoccupa, le dico che voglio scappare, chiama l’infermiera che mi propone un incontro col medico. Inizio a dare risposte secche, quasi con tono cattivo, non per offendere ma per difendere me e “la mia creatura”: “Non so se lo voglio vedere, voglio andare a fumare” e passo dalle parole ai fatti. Recupero cellulare, sigarette, accendino ed esco a gambe levate dalla stanza, incurante del fatto che il camice che ho addosso dietro è praticamente aperto. Passo tutto il reparto incontrando gli occhi stupiti della gente, trovo la mia amica e fuggo sulla scala antincendio.

Mi siedo, respiro a pieni polmoni, scambio un paio di sms con l’uomo che ha scatenato in me amore, odio, rabbia, rimanendo il più vaga possibile, alzo gli occhi al cielo ed è proprio in quell’istante che mi rendo conto di aver deciso di non voler abortire. Anzi, sono sicura che a livello inconscio non ho mai pensato all’aborto come soluzione giusta per me.

Rientro in camera e non faccio neanche in tempo a prendere i vestiti che entra il medico. Sono ben poche le cose che ci diciamo... lui non si espone, ma con gli sguardi e con i gesti mi fa quasi capire che anche lui è contento della mia decisione; io gli chiedo la documentazione per poter giustificare l’assenza dal lavoro. Ci salutiamo con una stretta di mano e mi dice che se voglio posso attendere che faccia gli interventi, per poter fare un’ecografia e sapere se tutto sta procedendo per il meglio.

Mentre mi rivesto continuo a piangere... ma questa volta sono lacrime di gioia, riempio lo zaino e lascio un biglietto di ringraziamento sul comodino della ragazza che ha cercato di infondermi un po’ di tranquillità. Ultimo sguardo alla stanza e saluto l’altra rimasta in attesa dell’Ivg. Invece di ricambiare il saluto mi dice: “Ci vuole coraggio, io ho già un figlio di un anno e per fortuna ci sono i nonni e mio marito ad occuparsi di quasi tutto”. Mi sale la rabbia, mi limito a riciclare una sterile frase che poco fa ho scritto al “papà”: “Preferisco scappare davanti ad una paura forse illogica ed affrontare con tenacia e amore tutto ciò che accadrà”.

Devo fare colazione ed attendere il dottore per l’ecografia. Sto pensando a cosa raccontare al mio rientro a casa, penso già ai nomi che vorrei dare alla mia creatura, penso a cosa dirò alla persona che mi sta rendendo mamma, ma il pensiero maggiore è per la gioia che ho dentro.L’ecografia va bene, il medico mi tranquillizza, mi fa sentire il battito cardiaco, io riesco a vedere dallo schermo un bimbo in miniatura che salta, e mi vien da pensare che sia felice anche lui.

Ora rientro a Treviso, guardo il mondo con occhi diversi. Non ho mai provato una felicità così grande, mi sembra quasi di poterla toccare con mano. Sta crescendo in me un amore incondizionato che spero di riuscire a trasmettere al nascituro... ora c’è lui prima di tutto, e anche se un bambino non è una proprietà, ma un individuo, lui è mio ed io sono completamente sua".


Tratto da Gente Veneta , no.3 del 2009

2 commenti:

Sergio Montis ha detto...

Ciao Terry, come promesso pria di partire voglio lasciarti un saluto ed un abbraccio grandissimo. Ci risentiamo a fine aprile.
Grazie per la tua amicizia
Free

terry ha detto...

Ciao free,
sono contenta che tu sia passato a salutarmi e lo sono ancora di più per il tuo viaggio a cui tieni tantissimo. Che sia un'esperienza indimenticabile:-)
A presto, un abbraccio

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