Io non ho paura..di vivere!

Il desiderio dell’uomo odierno è di essere padrone della propria vita. Di spingere al massimo ogni situazione e di goderne tutto senza limiti. Poi però ci si accorge che la propria vita è vuota e che la libertà era lì a portata di mano su ben altri valori.

L’uomo soffre per invalidità fisica, psichica, a causa della povertà, del non avere un tetto, di un matrimonio fallito, del non poter soddisfare i propri bisogni primari. Ma la più grande sofferenza è quella di sentirsi rifiutati, ignorati, disprezzati e lasciati soli. Sì perché la sofferenza più grande per persone che hanno handicap, o malattie invalidanti o terminali è la sensazione di essere inutili, incompresi e non amati.

E’ più facile accettare l’incapacità di camminare, di parlare, di nutrirsi da soli, che accettare l’incapacità, di valere qualcosa per qualcun altro.

Davanti alle privazioni di qualsiasi genere l’uomo è capace di tirare fuori immense risorse con grande forza, ma quando sente di non poter più dare qualcosa agli altri, o sente di non essere amato, abbandona presto la propria presa sulla vita.

Cosa facciamo quando scopriamo le nostre fragilità, quando ci scontriamo con la sofferenza?

Il primo istinto è quella di tenerla a distanza, aggirarla, negarla, rifiutarla. Qualsiasi tipo di sofferenza la vediamo come un’intrusione nella nostra vita, qualcosa che non dovrebbe esserci. E molto spesso la soluzione nella società odierna diventa il suicidio.

Ci sono vere e proprie cliniche adibite a questo mal di vivere. Basta mettersi in lista ed è pronta la pozione magica che ti toglie ogni sofferenza, ma anche la vita. Ultimamente ho parlato molto di una di esse in particolare, e di quanto si giochi sulla pelle della povera gente per arricchirsi, senza nessuno scrupolo, velando il tutto sotto un falso manto di pietà. La nostra società – e questa clinica in particolare - trova più facile manipolare le persone fragili che rifiutano se stesse e la loro malattia, che quelle che si accettano.

A questi miei fratelli vorrei dire: il suicidio non è la soluzione. Il primo passo verso la salute, verso la guarigione, verso la pace, non è un passo lontano dal dolore ma un passo verso il dolore. Dobbiamo trovare il coraggio di abbracciare le nostre paure e familiarizzare con esse. Ma non da soli.

Abbiamo bisogno di una guida, persone che ci portino più vicino al nostro dolore, che ci incoraggino, che ci aiutino a portarlo. Che ci assicurino che oltre l’angoscia c’è la pace, oltre la morte la vita, oltre il dolore l’amore.

Il credente sa che ogni situazione che lui vive, di gioia, di tristezza, di salute, di malattia, sono parte dell’itinerario per la piena realizzazione della sua umanità.

Il cristiano sa di poter portare quel dolore, perché sa di non portarlo da solo. Già Cristo prima di lui ha vissuto quello che lo fa stare male oggi, o lo farà morire domani. Il dolore messo nelle Sue mani acquista una valenza diversa. E quel fardello impossibile da portare, diventa più leggero. E quella malattia, quella sofferenza che mi hanno gettato nel baratro, nell’oscurità, diventano il luogo in cui imparo a lasciarmi amare e portare.

Diventano il luogo dell’amore più grande, quello dell’offerta di me per tutti i miei fratelli. Soprattutto per quelli sofferenti e sulla difensiva, che non si lasciano avvicinare o parlare. Rifiutando ogni gesto di amore. Per tutti coloro che non hanno la luce di Cristo e sono in agonia, o nella disperazione e scelgono il suicidio. Per loro sarà la mia offerta e la mia preghiera.

Testimonierò come la vera gioia, la vera serenità, la vera pace può essere sperimentata anche in mezzo a tante sofferenze. La gioia di essere amati, di essere purificati. E allora quella sorgente di sofferenza diventa la sorgente della mia speranza.

Solo imparando a non avere paura, ma a confidare nell’amore di Dio, impariamo ad essere sereni e a godere della vita fino al suo ultimo istante.

22 commenti:

terry ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
terry ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
terry ha detto...

Ciao a tutti, ad amici e anche a chi è solo di passaggio.
Lunedi parto per un campo scuola con i miei ragazzi.
Non so se in questi giorni mi sarà possibile risponedere ai vostri commenti.
Sperò di sì, altrimenti lo farò al mio ritorno.
Un abbraccio
PS: I due commenti eliminati erano i miei. Il blog ad un certo punto è andato in tilt:-(

Gianandrea ha detto...

Ciao Terry, il tuo post mio è piaciuto a tal punto che l'ho copiato nel mio blog. Un caro saluto.

rita ha detto...

Carissima Terry, mi ha commosso il tuo post; come è vero quello che dici! Io ne faccio esperienza quotidiana, sulla mia pelle. Solo se ci si sente amati e importanti per qualcuno, si vince la buona battaglia della vita, e non ci si vergogna di chiedere aiuto a chi ti sta vicino. Solo la fede, o il desiderio della fede, permette di guardare all'altro come a un mistero di Dio, anche se malato e ferito nell'anima. Farci compagnia, aiutarci per amore a Cristo, come se lo facessimo a Lui, perchè "è" a Lui che lo facciamo! "Tutte le volte che farete una cosa a uno di questi miei fratelli più piccoli..."
Ti abbraccio, carissima e dolcissima Terry!

Paolo ha detto...

Bellissimo!!!! Nella trasmissione di domani parleremo proprio della testimonianza della fede! Un abbraccio! Paolo

terry ha detto...

Ciao gianandrea,
ti ringrazio, e ne sono onorata:-)
un abbraccio

terry ha detto...

Ciao rita,
sei andata al cuore del mio post.
Ognuno di noi vive piccole o grandi sofferenze e l'essere soli in queste difficoltà amplifica la nosta fragilità e le nostre paralisi. Insieme invece, abbiamo la forza di superare i nostri dolori e divenire più forti di loro.
un abbraccio

terry ha detto...

Grazie paolo.
Spero che la trasmissione sia andata bene, anzi ne sono sicura:-)Purtroppo non mi è stato possibile vederla, come ben sai.
Fai un ottimo servizio, con il tuo blog e con le iniziative ad esso collegate.
Ti abbraccio

Anonimo ha detto...

Il tuo ragionamaneto mi sembra fuori dal mondo.
La sofferenze esiste ed è reale. Illudersi che il dolore "acquista una valenza" o che quel "fardello impossibile da portare acquista una valenza diversa" è un semplice effetto placebo.

Le religioni nascono con lo scopo di dare una risposta alla morte e alla sofferenza, ma più che risposte creano solo illusioni.


Di fronte alla sofferenza bisogna avere tanto coraggio e tanta dignità.

Ove la sofferenza fosse realmente insostenibile, non vedo nessun problema nel dire basta e perchè no...mettere fine alla propria vita.

Perchè mai dovrei vivere in una situazione disperata?

La morte prima o poi arriverà e ci riporterà nel nulla in cui eravamo.
Che male c'è allora nell'anticipare la morte?

Nemmeno bisogna aver paura della morte perchè: "Fino a che ci sei tu lei non c'è, quando c'è lei tu non ci sei più"

Ateo

Gianandrea ha detto...

Ti ringrazio del saluto e del generoso commento. E' per le voci come quella di ateo (che sono molte, purtroppo, anche fra chi si definisce invece credente) che è utile continuare ad affermare una positività. Un carissimo saluto.

Anonimo ha detto...

@Gianandrea:

Più che di positività io parlerei di auto-illusione, meglio di auto-suggestione.

In fin dei conti la religione di concreto non ha mai risolto nulla.

Solo la scienza sta facendo qualcosa di concreto.

La religione più che rimandare ad improbabili vite dell'aldilà, e rifarsi al mistero non può fare

terry ha detto...

Caro anonimo,
il mio ragionamento non è fuori dal mondo.
L'incontro con Dio non si fa nelle persuasioni dialettali, ma nella testimonianza di una comunità che prega e si mette al servizio dei più poveri, dei più bisognosi. Noi questo lo abbiamo imparato da Cristo. Ma tu non ci credi: pazienza.
Ma al di là di credere o non credere, per esperienza posso dirti, che accettare la morte, (al contario di come tu dici) non è qualcosa di così automatico. Di fronte alla morte, bisogna fare un lavoro su se stessi che chiede del tempo. E avere delle persone accanto che condividano questa realtà con il sostegno e l'aiuto giusto è fondamentale. Hai mai sentito parlare di cure palliative? Ecco quelle. Le stesse che in Italia scarseggiano. Le stesse che aiutano l'uomo a non vivere il suo dramma in modo disperato.
Noi cristiani crediamo che se diamo un senso alla vita, è automatico darlo anche alla morte.
La morte non va banalizzata nè va idolatrata. E' una tappa naturale dell'uomo, ma è anche quella più importante.
Preservare la qualità della vita fino alla morte in un clima di fiducia, sedare il dolore fisico,rompere l'isolamento sociale, ascoltare i desideri del malato: è permettergli di essere libero, di poter vivere gli ultimi istanti con dignità.
Questa è la dignità, caro anonimo, non quella di cui parli tu.
Con affetto

Anonimo ha detto...

@Terry:

Evidentemente abbiamo due idee diverse della vita e della morte.

Io sono ateo, comunque voi cattolici dovreste spiegare come fate a conciliare l'esistenza di un Dio Amore e Onnipotente con l'esistenza della sofferenza.

Questa cosa io non l'ho mai capita. Qualcuno cerca di giustificare il tutto rifacendosi al mistero (ma più che risposta la cosa crea altri interrogativi).

Quanto alla dignità delle persone, io sono per la loro piena libertà di scelta.

C'è dovesse venire a trovarsi in situazioni "poco piacevoli" deve essere libero di fare le proprie scelte.

Così ci sarà chi cercherà di "Preservare la qualità della vita fino alla morte in un clima di fiducia, sedare il dolore fisico,rompere l'isolamento sociale, ascoltare i desideri del malato"

e chi invece cercherà di abberviare la sua esistenza (evidentemente non più dignitosa dal suo punto di vista), vedi Piergiorgio Welby o Ravasin.

Questa è vera libertà, vera dignità, vera democrazia. Ognuno deve essere libero di fare le proprie scelte in base alle sue convinzioni personali, etiche e religiose.
Libertà che in Italia è in grande pericolo, perchè una parte cerca di imporre le sue credenze anche a chi credente non lo è.

Questa cara Terry è VERA libertà, dignità e democrazia, altro sono solo imposizioni esterne

Ateo

terry ha detto...

E' chiaro, che abbiamo due posizioni diverse sulla vita e sulla morte.
Il problema non è la libertà di scelta. Voi atei, affermate che il cattolico non lascia le persone libere di scegliere. Questi sono degli slogan che avete inventato voi e che vi piace diffondere, ma non è così.
Il cristiano vuole soltanto che l'uomo si senta amato e comprenda che la vita va vissuta sempre anche in mezzo al dolore.
Per esperienza, posso dirti, che le persone che scelgono di togliersi la vita sono spinte, dalla disperazione.
Il suicidio di fatto è un'azione innaturale, perchè va contro l'istinto di sopravvivenza,senza il quale nel mondo la vita non potrebbe conservarsi. Eppure l'uomo è l'unico ad avere in sè il germe dell'autodistruzione, che si esprime in massimo grado nell'atto di togliersi la vita.
Caro amico,
il suicidio non si sceglie, l'atto di voler arrivare alla fine è un atto disperato di chi allo stremo, non trova più la forza per lottare. Ci si ritrova soli a tal punto che tutto ci pesa e tutto diventa faticoso. Ma se a quel punto ci fosse una sola mano, un solo sguardo, un abbraccio, che riaccenda la luce..tu pensi che quella persona sceglierebbe di togliersi la vita?!
In italia e non solo, le persone che sono accudite amorevolmente a casa oppure negli Hospice, non ce n'è uno che vuole togliersila vita.
Tu parli di Welby. Ha scelto lo ha fatto. Non entro nel merito della questione perché dovrei aprire la strumentalizzazione che i radicai ne hanno fatto. Dico solo che mentre Welby sceglieva di rifiutare le cure ( un suo diritto, ma chiaramente per la Chiesa suicidio)ce ne erano 4999 che invece protestavano perché volevano continuare a vivere. Ma non hanno auto la stessa pubblicità.
Non si può scegliere la morte, se ci si sente amati, la si sceglie solo se si è disperati e soli. Se non si ha più speranza.
E noi vogliamo solo che queste persone non vengano lasciate sole.
Niente a che vedere con il fatto che il cristiano voglia imporre. Questo lo dite voi, non noi.
Con affetto

viviana ha detto...

C'era una volta, nel deserto africano, una gazzella... correva veloce!
Era inseguita dal Re della foresta!
Lui, un po' stanco della corsa, le disse:"Dove corri deficiente! E' nel ciclo naturale delle cose che io ti uccida e ti mangi!"
E lei di rimando:"Sarà pure come dici tu ma prima prendimi!"

Anonimo ha detto...

Cara Terry, anzitutto ti ringrazio per la risposta, però permettimi di ripondere:

Il problema di scelta esiste ed è evidente soprattutto in Italia. Vedi la legge sul testamento biologico che NON PERMETTE ad una persona in stato di coma vegetativo una reale scelta (diciamo che tutela solo una parte). Non parliamo poi di altre cose (Ru486 vietata solo in Italia, leggi sulle coppie di fatto oramai presenti in tutta Europa ecc ecc)

Poi….sgombriamo subito il campo da ipotesi assurde e strane: La sofferenza non è una cosa buona o positiva, chi afferma questo a mio avviso è un tantino masochista.
Quanto al suicidio forse c’è una piccola incomprensione. Anche io sono sostenitore della vita, ma credo che in alcuni casi particolari la vita sia realmente insostenibile.
Chi si uccide lo fa perché non riesce più a “portare un certo peso” divenuto realmente insostenibile.
Ho visto con i miei occhi persone che si sono suicidate nonostante le amorevoli cure della famiglia e di chi gli stava accanto.

Questo dimostra che l’uomo è in grado di sopportare il dolore e la sofferenza solo fino ad “una certa soglia”. Sempre con i miei occhi ho visto gente letteralmente “massacrate” dagli eventi (malattie delle più strane, morte di figli ecc ecc).

Anche negli animali esiste il suicidio (specie in quelli che nella scala evolutiva sono più simili a noi le scimmie: http://archiviostorico.corriere.it/1994/maggio/01/anche_gli_animali_conoscono_suicidio_co_0_9405017079.shtml

@Viviana: Il tuo Dio ha previsto che il Leone sbranasse e si cibasse della Gazzella. Il tuo Dio ha previsto che esistano batteri e virus mortali, il tuo Dio ha previsto che esistano terremoti, maremoti catastrofi varie, il tuo Dio ha previsto la malattia e la sofferenza che in alcuni casi porta l’uomo al suicidio.
Come vedi ci sono tante e tali contraddizioni ad essere credenti che è meglio restare atei.
Darwin (con la sua legge sull’ecoluzione) su questo punto riesce ad essere molto più chiaro ed esaustivo.

Adesso debbo proprio salutarvi

Ps:Vedo che hai inserito anche la moderazione nei messaggi. Voi cattolici quando siete in difficoltà seguite tutti la stessa strada

Ateo

terry ha detto...

Caro amico anonimo e ateo,
avevi cominciato bene e hai finito male.
Se avessi frequentato il mio blog, non solo nella settimana precedente, ma anche nei mesi addietro, ti saresti accorto che i miei commenti erano sempre moderati.
Li ho messi istantenei, la settimana scorsa perché ero impegnata e non avevo possibilità
di avere sempre il pc sotto mano, e non volevo che i commentati restassero per giorni lì ad aspettare.
Detto questo, ti saluto anche io.
Con affetto

viviana ha detto...

@Ateo: il mio Dio ha previsto che il leone sbranasse UNA gazzella, non tutte :-)
E comunque mi sembrerebbe stupido nascendo gazzella andare a buttarmi nel primo burrone libero perchè forse il leone mi mangia quando ho 100 anni...

Mi permetti una battuta? scherzosa ma non so quanto!

Più che il mio Dio caro Ateo, mi sembra anche il tuo solo che tu sei più inca**ato di me

Anonimo ha detto...

Caro Ateo: "Questa è vera libertà, vera dignità, vera democrazia. Ognuno deve essere libero di fare le proprie scelte in base alle sue convinzioni personali, etiche e religiose."

Se non spieghi perchè, il tuo è un approccio dogmatico che da "ateo" suona stranissimo. Chi ha stabilito che "questa è vera libertà, vera dignità.."?

Soprattutto, cosa comporta una simile affermazione?
Sono libero e dignitoso quando? Non solo quando scelgo per me riparando in un comodo soggettivismo voglio sperare.
Sono libero di drogarmi fino ad ammazzarmi? Sono libero di offrire simile testimonianza socialmente, o la mia dignità è conservata solo nel momento in cui, lo faccio in casa, fuori dalla vista di adulti e bambini?
A me pare che tu risponda ad una tua etica, sicuramente diversa dalla mia, non è questo il punto, ma un'etica a cui non si può sottrarsi a comando, di per sé, come alcuni fanno, paventando il rischio di una invadenza dell'etica e confondendola con la questione "laica" (non c'è adesività nei termini mi pare).
Dunque stai affermando una tua etica, io magari una mia altra e come ti anticipo, è legata a doppio nodo da quella proposta dalla fede cristiana: la tua "sorgente" etica invece quale sarebbe a definire la dignità dell'uomo, la sua responsabilità, la sua dimensione, per cui trarne conclusione nel relazionarsi agli altri, alla proposta sociale?
Dando per assodato che per un ateo, che l'approccio non può essere dogmatico, correggimi se sbaglio, resto in attesa di capire come misuri la responsabilità soggettiva e puoi confinarla in un compartimento stagno, senza osmosi possibile, con una responsabilità che io posso definire testimoniale, ma ci incontriamo sul termine "sociale" se vuoi, è lo stesso.
Cioè, la scelta personale, per me, non può mai essere del tutto e solo nella dimensione soggettiva: l'uomo ha una dimensione sociale da tempo ed in quella socialità, da tempo ha affermato il valore etico per fare scelte diverse da quelle offerte dal mondo animale, cioè evidenziando la sua particolarità di essere anche altro che animale, di avere una dimensione più completa nell'essere persona, individuo, dignità e libertà (e per quanto mi riguarda, con il rapporto proporzionale dove a più libertà, corrisponde più responsabilità).
Ogni bene.
Alieno

terry ha detto...

Partiamo dal presupposto, per quanto ti possa piacere o meno, ma allo stesso tempo non credo che tu mi possa smentire, che il cristianesimo ha introdotto il valore della responsabilità personale, l'idea di libera scelta, il primato della coscienza.
Scusami se è poco.
Prima del cristianesimo il valore di una persona era dato da qualcosa di "esterno" (il suo potere), che l'individuo doveva "possedere" per essere considerato qualcuno.
Ognuno di noi ha il coraggio dei propri desideri, agisce nel nome delle sue convinzioni. Per me tutto questo deve avere una condizione: che la libertà sia in rapporto con la verità.
Non qualunque cosa mi fa libero, non qualunque tipo di soddisfazione realizza davvero la mia libertà. La libertà vera è realizzata solo nella verità. E c’è un modo infallibile per dimostrare questo: che la soddisfazione procurata alla libertà dalla verità dura, non passa. Non è un piacere che dura per un frammento o per un istante.
Dico di più, la vera libertà per me consiste nel mettermi “al servizio degli altri” chiunque esso sia.
Se di etico vogliamo prendere, il significato etimologico, sì è etico, come è etica la libertà dal tuo punto di vista.
Per me la libertà non è fare tutto quello che voglio nè tanto meno non dipendere da nessuno. Qusto è libertinismo.
Perchè se tu ci rifletti questa vostra concezione di libertà (che non è la mia) nasce da due bugie: uno che l'uomo sia autonomo (lo dici anche tu l'uomo è un essere sociale, ma io dico di più un essere in relazione con Dio) e l'altro che Dio sia un tiranno e non un Dio amore ( ma questa a te non interessa perché tu non credi).
Poiché gli atei affermano che Dio è una dipendenza di cui liberarsi: il gioco è fatto. Ma io non posso liberarmi di un qualcosa che è Amore. Anzi questa dipendenza (amore) è la mia libertà. Libertà che mi fa essere una sola cosa con l'altro e con la sua vita.
Scusami cosa inpongo io con questa libertà? Come tutto questo si va a scontrare con
la scelta personale fatta da te?
Se non è conforme alla mia libertà posso solo affidarti al Signore.
Un abbraccio

terry ha detto...

L'ultimo mio commento era per "ateo".
L'ultima volta andavo un pò di fretta..e mi sono riproposta di rispondere con calma. Precisazione doverosa perchè c'erano altri commenti e non l'ho specificato all'inizio:-)

Copyright © 2008 - Il posto che cercavo..bioetica - is proudly powered by Blogger
Smashing Magazine - Design Disease - Blog and Web - Dilectio Blogger Template