CURE PALLIATIVE

Il termine “palliativo” nella nostra lingua significa inutile e tra gli operatori sanitari spesso palliativo è sinonimo di “placebo”. In realtà il termine deriva da “pallium”: mantello.

Il mantello con il quale si avvolgevano i pellegrini nel Medio Evo. Da questo comprendiamo come le cure palliative hanno lo scopo di avvolgere i malati terminali con tutte le risorse tecniche e umane a disposizione.

Il compito è quello di migliorare anzitutto la qualità di vita piuttosto che la sopravvivenza, assicurando ai pazienti e alle loro famiglie un’assistenza continua e totale. La pratica delle cure palliative pone al centro dell’attenzione non più la malattia, ma il malato nella sua globalità. C’è il pieno rispetto dell’essere umano che soffre, facendo tutto quello che si può fare quando non c’è più nulla da fare.

Questa attenzione nasce dalla consapevolezza che ogni momento della vita del sofferente va privilegiato, come l’ascolto, la presenza, e il restaurare i rapporti umani. Lo slogan è: curare quando non si può guarire.

In una situazione sociale come quella odierna, caratterizzata da una grave crisi economica, non è facile far fronte alla continua crescita della domanda sanitaria, contrassegnata dall’aumento dei costi della sanità e l’aumento della popolazione anziana bisognosa di assistenza. I primi a far le spese di questa crisi sono gli inefficienti, gli handicappati fisici e psichici, i malati terminali, gli anziani non autosufficienti.

Queste esigenze della spesa sanitaria richiedono di ripensare l’assistenza ai malati terminali e ai lungodegenti intensificando l’integrazione di cure domiciliari e ospedaliere e la promozione degli Hospice.

L’Hospice dà supporto ed assistenza a chi si trova nella fase terminale di una malattia inguaribile, per consentirgli di vivere la vita che gli resta in pienezza e nel modo più confortevole possibile. Si tratta di una struttura intraospedaliera o isolata nel territorio che ha in parte le caratteristiche della casa, in parte quelle dell’ospedale. E’un luogo dove i problemi dell’ammalato vengono trattati con ogni mezzo competente: medico, assistenziale, psicologico, spirituale al fine di migliorarne la qualità di vita.

In Italia la carenza di strutture sanitarie specializzate tipo Hospice e reparti di cure palliative fa sì che la casa del malato diventi il luogo di cura più idoneo. Però la casa del malato se non ha un’assistenza domiciliare idonea con personale competente che si fa carico anche degli aspetti psicologici e relazionali, oltre che quella dei sintomi, diventa un peso enorme per la famiglia e produce più sofferenza e disagio.

In una indagine effettuata in Italia, l’80% dei pazienti in fase terminale hanno dichiarato di preferire l’assistenza a casa. Poiché i bisogni del malato sono di natura diversa, l’équipe che si occupa del malato, deve comprendere varie figure professionali. Nel servizio si possono distinguere due gruppi, che lavorano a contatto, ma che si propongono in due momenti diversi d’intervento. Il primo è composto da quattro figure principali nell’assistenza domiciliare: il familiare, il medico domiciliare, l’infermiere domiciliare, il volontario.

Questo gruppo costituisce l’unità mobile di intervento del servizio di cure palliative.
Il secondo gruppo è rappresentato da figure professionali di raccordo tra il servizio e la casa. Essi sono: lo psicologo e l’assistente sociale.

Il malato diviene quindi il centro dell’attenzione di diversi specialisti che devono lavorare insieme in modo coordinato. Occuparsi di un malato terminale significa infatti confrontarsi continuamente con i bisogni del malato e della sua famiglia. In poche parole una medicina per l’uomo che rimane un vivente fino alla morte.
I bisogni del malato infatti non sono solo quelli legati ai sintomi, e quindi alleviare il suo dolore, ma anche problemi psicologici. Pensiamo al declino delle sue capacità intellettive, alla paura di morire, alla preoccupazione di perdere il proprio ruolo in famiglia e sentirsi di peso. Ma anche tutti quei problemi fatti di questioni personali mai portate a termini o non risolte, che spesso riguardano il rapporto con gli altri.

Nel prendersi cura del malato poi non si deve dimenticare la sua famiglia che ha bisogno di essere educata, sostenuta e confortata per poter aiutare l’ammalato in tutto l’iter della malattia fino al decesso. L’uomo in ogni momento della sua vita anche in questi più difficili ha il diritto di vivere per il tempo che gli resta di vivere, e di farlo nel modo meno sofferto possibile e con tutta la sua dignità.

La Federazione Cure Pallitive (una onlus di coordinamento che raccoglie 60 organizzazioni non profit impegnate nell’assistenza ai malati inguaribili e alle loro famiglie, con 170.000 Soci iscritti e 18.000 persone seguite e assistite ogni anno), ha effettuato una raccolta firme per sollecitare il Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, a portare a compimento alcune criticità irrisolte:
1. l’abolizione del ricettario speciale per la prescrizione dei farmaci oppioidi;
2. l’utilizzo dei fondi residui della L. 39/99 per la realizzazione degli hospice;
3. l’utilizzo dei 150 milioni di euro previsti dalla Finanziaria per la realizzazione della rete delle cure palliative;
4. la verifica dell’adeguamento da parte delle Regioni agli “8 standard qualitativi e quantitativi relativi all’assistenza ai malati terminali in trattamento palliativo” (DM 43/07);
5. l’inserimento delle cure palliative nella formazione universitaria del personale sanitario;6. la stabilizzazione delle posizioni di lavoro e la possibilità di accesso ai concorsi degli oltre 1.000 medici che da anni operano nell’assistenza ai malati terminali.

Concludo riportando una notizia importante per lo sviluppo futuro delle cure palliative nel nostro paese.
Nella Giornata nazionale dell’11 novembre contro la sofferenza inutile della persona inguaribile. Il presidente del Senato Renato Schifani con una lettera invita al Congresso nazionale della Società Italiana di Cure Palliative ha espresso il suo impegno affinché le cure palliative siano presenti nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

“Penso che le normative che regolamentano anche l’assistenza ai pazienti, i quali necessitano di terapie del dolore e di cure palliative, debbano garantire LEA uniformi su tutto il territorio nazionale, e debbano avere canali programmatici e operativi di rapida attuazione. (..) È ingiusto far gravare sulle famiglie il peso dell’assistenza ad un malato cronico disabile o terminale. Ed è ancora più grave continuare ad attingere alle risorse del volontariato. Senza il quale non potrebbe, allo stato attuale, essere gestita l’emergenza di chi, sofferente, non trova risposte adeguate dal SSN. Occorre rendere concreto l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale a tutti i cittadini affetti dalle innumerevoli patologie che generano dolore, omogeneizzando le prestazioni fornite nelle varie regioni e abbattendo ogni barriera riguardo ai tempi di attesa, protocolli restrittivi, terapie non disponibili. Ed è per questo che occorre impegnarsi, con i mezzi istituzionali adatti, per garantire i livelli assistenziali anche agli oltre 250 mila pazienti che ogni anno necessitano di cure palliative”.

Ci auguriamo che questi presupposti vengano raggiunti al più presto.

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