EMBRIONE, CHI SEI?

Più che la grandezza dell’essere umano, nell’embrione appare la sua povertà: un essere fragile, vulnerabile, totalmente dipendente, senza voce per chiedere la protezione della società.

Conoscerlo è amarlo, amarlo è amarci attraverso colui che noi stessi siamo stati, proteggerlo è proteggerci.

Questa vita al suo inizio oggi è sempre più minacciata. Eppure una società civile democratica si caratterizza per la capacità ( o almeno così dovrebbe essere) di proteggere i più deboli, le vittime dai potenti.

L’embrione nella sua piccolezza, nella sua fragilità, ci ricorda la gratuità senza limiti dell’amore di Dio. Il Regno non è riservato agli adulti pervenuti alla statura di uomini. “Ciò che piccolo, disprezzato ecco ciò che Dio ha scelto”.

Dio non fa eccezioni di persone, per Lui non ci sono embrioni troppo piccoli, soprannumerari, non voluti o scartati. Se ci riflettiamo nel suo umile inizio l’embrione è la parabola dell’umanità

Quando l’embrione ancora non ha figura umana, tutto ciò che egli sarà è già scritto in lui ma non ancora svelato. In lui è il suo contenuto, il suo sviluppo futuro, ma è ancora una speranza. Allo stesso modo l’uomo. Egli è chiamato alla divinizzazione, a pervenire alla statura di figlio di Dio, ma è ancora una speranza anche se essa è già presente.

L’uomo e l’embrione vivono un tempo di maturazione, nella povertà, nella fragilità, nella vulnerabilità, e hanno bisogno di dimorare nella loro madre per essere nutriti, protetti e crescere.

In mezzo a tutto questo un giorno per entrambi ci sarà la morte. Nel momento della morte, l’uno e l’altro devono attraversare una prova critica di trasformazione per passare ad una vita più libera. E’ la stessa vita che continua e si sviluppa, dalla vita intra-uterina alla vita extra-uterina attraverso la nascita, dalla vita eterna cominciata, alla vita eterna consumata attraverso la morte.

L’embrione vive in sua madre e attraverso di lei, egli riceve tutto. Ma egli non la vede, la conosce parzialmente, imperfettamente, eppure egli è in lei. Dopo il passaggio della nascita, egli la vedrà faccia a faccia. Allo stesso modo l’uomo, vive in Dio, senza vederlo. Dopo il passaggio della morte, egli lo vedrà faccia a faccia.

L’embrione è l’uomo nel suo umile inizio. Egli è il povero, e lui ci ricorda che noi resteremo poveri, lo resteremo per accogliere quella vita eterna, immensa che ci aspetta.

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